L' approccio pedagogico della pediatra Dott.ssa Emmi Pikler.
Emmi Pikler (Vienna 1902 - Budapest 1984)
Laureatasi in medicina nel
1927 a Vienna, si specializza in pediatria nella Clinica Pediatrica
universitaria viennese, alla scuola del pediatra Von Pirquet
e del chirurgo infantile Salzer, noti per la particolarità del loro
approccio, che privilegiava una grande attenzione a processi di crescita
e conteneva l'utilizzo di farmaci, ottenendo un'alta percentuale di
guarigioni.
In questa clinica, molti anni prima che la psicologia entrasse di fatto nella pratica medica, si seguiva un approccio “olistico” alla persona e alla cura. E' in tale contesto che la Pikler impara ad attribuire importanza fondamentale alla costruzione di un rapporto significativo e rispettoso con ogni singolo bambino.
Nel 1935 Emmi Pikler, il marito e la figlia Anna Tardos, si trasferiscono a
Budapest, dove lei lavora come pediatra di famiglia. Prosegue così per
lei l'opportunità di osservare sistematicamente i bambini. Nel
suo ruolo sostiene i genitori a comprendere l'importanza di rispettare
tempi, desideri e movimenti dei bambini, evitando sollecitazioni e
anticipazioni di posture e giochi. E' certo che la Pikler entrò in contatto con le idee di Maria Montessori.
Nonostante gravi difficoltà causate dalle persecuzioni al marito
ebreo, pubblica nel 1940, un libro per i genitori, attraverso il quale
diffondere la sua visione del lavoro di cura, sia in Ungheria che
all’estero.
I circa 1500 bambini cresciuti a Loczy, per ognuno
dei quali esiste una minuziosa documentazione che ne registra la
crescita e lo sviluppo, ad opera di educatrici, medici e altri
professionisti, hanno potuto giovare e godere di una relazione
intima e costante con un adulto, in un contesto concepito per agevolare
la più completa libertà di gioco e di movimento.
Solo con la fine della “cortina di ferro” l’esperienza di Loczy viene
fatta conoscere fuori confine, dapprima in Francia, nel 1973 da Myriam
David e Geneviève Appell dei CEMEA francesi, poi in un numero sempre
crescente di paesi. Emmi Pikler diresse l’istituto fino al 1979.
La sua Pedagogia
- E' opportuno posizionare il bambino piccolo sempre sulla schiena (postura supina) affinché possa avere la massima libertà possibile di movimento, in modo tale da accompagnare funzionalmente la conquista delle posture intermedie quali quella sul fianco, poi la posizione prona -e così via. E soprattutto che la conquista delle posture motorie siano frutto di una spontanea progressione del piccolissimo e di non di una ginnastica/movimentazione/stimolazione dell'adulto.
- L'adulto non mette mai seduto il piccolo, finché non è lo stesso bambino che conquista autonomamente la competenza motoria per raggiungere tale posizione; porre in modo passivo il bambino in tale postura lo distrarrebbe dall'esercizio di ciò che naturalmente e fisiologicamente sarebbe portato a fare, poiché stimolando/anticipando lo sviluppo motorio lo si pone in una situazione di instabilità posturale o forzata immobilità, a danno del suo piacere personale e della sua libertà di movimento. Inoltre, il bambino assume spesso una postura chiusa e goffa, con tensioni articolari su spalle e collo.
1°Foto: bambino posizionato in seduta da un adulto (FB Cura dei dettagli) |
- Non si aiuta un bambino a portare a termine un movimento avviato (non lo si tiene per le mani, non si fornisce aiuto per tirarsi in piedi) poiché in una fase tutta dedita alla ricerca di equilibrio e alla conoscenza del proprio corpo ciò implica un fattore di disturbo che non aggiunge nulla ma toglie molto all'esperienza interna corporea del bambino. Non si interviene neanche quando effettua i primi tentativi per tirarsi su da solo, muovere i primi passi, aggrappandosi.
- Non si lega il bambino (se non quando si deve viaggiare in auto).
- Non si sollecita né incoraggia il bambino ad assumere posizioni di nessun tipo se non ha già imparato a conquistarla autonomamente: non si tende il dito perché il bambino aggrappandovisi si tiri su a sedere, non lo si attrae con stratagemmi per fargli compiere i primi passi. Non lo si prendere per le mani o sotto le ascelle per fargli imparare i primi passi.
- Non si vieta o censura alcun tentativo spontaneo: il bambino è lasciato libero di esercitare i movimenti che vuole anche quando ciò significa esercitare competenze più semplici di altre già acquisite: un bambino che sa camminare deve esser lasciato libero di strisciare o gattonare se lo desidera.
Tutto ciò è una perfetta declinazione delle riflessioni fondamentali della PEDAGOGIA ATTIVA.
L'approccio pikleriano non è interessato ai
comportamenti spesso agiti dagli adulti per esaltare le “prodezze” del
bambino, premianti e incitanti, quanto invece ad “accendere sguardi” sulla qualità dei
movimenti del bambino, che evidenziano ciò che il bambino realmente
vive, agisce, sente con il corpo e nel corpo.
Gli studi di Emmi Pikler pongono al centro di qualunque progetto di
cura educativa, la realizzazione di una condizione di benessere e di
equilibrio nello sviluppo, che si radica nella relazione con l'adulto:
da qui la minuziosa attenzione ai gesti, agli sguardi, alle mani dell'adulto e alla
anticipazioni verbali di quanto l'adulto va a fare “insieme” al bambino
(magari sfruttando un movimento spontaneo del braccio, ad esempio, per infilargli una
maglietta e “significandola” attraverso la verbalizzazione di ciò che
si fa “con” lui).
Quando infatti adulto e bambino viaggiano nella stessa direzione
sfruttando le “competenze” presenti, o valorizzando movimenti spontanei,
il bambino viene nutrito con “fiducia e apprezzamento” e con questo
cibo affettivo costruirà la percezione di sé e la conseguente autostima.
In questa ottica il ruolo dell'adulto si gioca in termini di
“presenza” affettiva, di cura e di “regia” - presenza delicata, gentile, a volte silenziosa ed osservatrice - sia per predisporre
l'ambiente in maniera ottimale e favorire la maggior libertà di
movimento possibile del bambino, sia come presenza rassicurante e porto sicuro per accompagnare con sguardi di fiducia le esperienze dei bambini (anche cadute, situazioni di disequilibrio, esperienze rischiose).
Emmi Pikler, anche sulla scia del lavoro di Henri Wallon (filosofo, psichiatra, pedagogista), ha valorizzato le prassi di cura del corpo (bagno, cambio pannolino, pasti, riposo) che sono oggi avvalorate continuamente
dalle recenti ricerche in ambito
neuro-fisiologico e neuropedagogico (neuroni specchio).
Centrale nel suo lavoro è l'attenzione alla manipolazione del corpo
del bambino, che necessita di tempo affinché maturino le funzioni
neuro-fisiologiche che controllano l'equilibrio, attraverso una graduale
progressione di stati. Di qui l'importanza di infondere sicurezza anche
esercitando quel ruolo di contenimento su cui si innesta il vissuto di
“sicurezza” indispensabile per un buono sviluppo personale e relazione. Un adulto che con sguardo fiducioso sa stare con calma accanto al bambino, anche da lontano, in connessione.
Concludendo, l'approccio pedagogico della Dott.ssa Pikler potrebbe essere così riassunto:
- ogni bambino in condizione di sicurezza affettiva, quindi all’interno di una relazione significativa con un adulto di riferimento, è in grado di interessarsi al mondo esterno ed è capace di agire il suo interesse e di conoscere attraverso l’osservazione, l’esplorazione, la progettazione, l’azione.
- L’apprendimento – tanto in forma di pensiero che di abilità pratiche – che un bambino realizza attraverso esperienze spontanee dirette dal suo corpo, ha una qualità maggiore; non accompagna gli apprendimenti e le abilità raggiunte su quando il bambino fa esperienza su sollecitazione esterna da parte degli adulti esegue, ripete, accontenta (tutto ciò ha un impatto emotivo completamente differente sull'apprendimento rispetto esperienze sperimentate dal piccolo attraverso una "motivazione intrinseca, interna"); è un apprendere ad apprendere.
- L’ intervento dell’adulto - un adulto che incita, che sposta e movimenta il bambino, che ordina, che stimola con fattori premianti, che richiede prestazioni, ecc. - è una interferenza che distrae il bambino dal suo essere operoso nel mondo.
Il compito dell’adulto è quello di costruire una relazione affettiva significativa, mettere a disposizione del bambino un ambiente sicuro ed adeguato al suo momento di sviluppo, intrattenere una relazione sicura con il bambino in uno scambio inizialmente di intensa vicinanza, poi, via via più distanziato e accogliente ad altri elementi dell’ambiente.
Questo scambio, fin dai primi giorni di vita del bambino, è improntato al principio che non si educa un bambino suo malgrado, né senza la sua partecipazione.
- Il primo strumento che aiuta l’adulto a riconoscere nel bambino un interlocutore attivo è l’osservazione; il primo ambito di esperienze e di sviluppo in cui ogni bambino e chi si prende cura di lui si mettono in relazione col mondo esterno secondo le modalità dette è quello del movimento e della cura del corpo.
Bibliografia consigliata:
M.David e G.Appell, Una relazione educativa insolita: Loczy, Parma, Edizioni Junior, 2012
Emmi Pikler, Datemi tempo, EdizioniScientifiche, Bologna, 2015
Emmi Pikler, Per una crescita libera. L'importanza di non interferire nella libertà di movimento dei bambini fin dal primo anno di vita, Editore Cortina, Torino 2003
A cura di Emanuela Cocever, Bambini attivi e autonomi. A cosa serve l'adulto? L'esperienza di Loczy, Zeroseiup, Bergamo, 2016
Monika Aly, Il mio bambino scopre se stesso e il mondo. Promuovere la crescita secondo l'approccio di Emmi Pikler, Edizioni Junior, Parma, 2016
A. Szanto-Feder, L'osservazione del movimento del bambino, Erickson 2014
G. Honegger Fresco, E. Cocever, B. Ongari, Tre sguardi sul bambino, Il Leone Verde 2020
Francesca Romana Grasso, Primi libri per leggere il mondo, Editrice Bibliografica 2020
Dott.ssa Lucia Vichi
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