Educare al rischio: una ricchezza educativa da ritrovare.

Salire, scendere, arrampicarsi, elevarsi "al cielo"




Negli ultimi anni si osserva un numero crescente di bambini che mostrano difficoltà, disagi legati alla corporeità, agli equilibri, alla spazialità, alla percezione del pericolo, alla capacità di giocare spontaneamente. 

Se saper "giocare insieme agli altri" è una conquista data dalla maturazione intellettiva ed emotiva del bambino piccolo, avere la capacità di creare e soffermarsi su un gioco dovrebbe essere del tutto naturale, poichè il gioco è insito nel bambino, è già dentro la sua persona e non ha bisogno che qualcuno glielo insegni o lo educhi a giocare.

Il gioco spontaneo è il linguaggio cui il bambino fa ricorso per parlare di sè, attraverso l'espressività motoria.
Giocare è una forza fondamentale della vita: significa agire, trasformare il mondo, vivere ed esistere trasformando la realtà, in questo modo facendo proprio il mondo.
Bernard Aucouturier, psicomotricista e formatore
 Ciò che si osserva sempre più spesso nei bambini in età prescolare è 
da una parte un elevato consumo di giocattoli, spesso tecnologici ed elettronici, e di occasioni pensate dagli adulti che rispondono al bisogno di "non annoiarli" nel tempo extra-scuola, 
dall'altra vere e proprie forme di deprivazione di quella funzionale esperienza di gioco spontaneo, dove il bambino è lasciato libero di sperimentare il proprio corpo, i propri equilibri, la propria fantasia, la propria creatività, il proprio IO.Ossia una esperienza autentica.

Sviluppo Motorio Autonomo, sperimentare gli equilibri, strisciare, su e giù.
L'adulto è spesso colui che propone attività strutturate, dirette, in cui lui è principale attore e regista ... attività dove rischio e imprevisto sono ridotti al minimo.

Se pensiamo a quanto eravamo piccoli e bambini noi, adulti di oggi, subito arrivano alla mente i ricordi di quanto ai nostri tempi quella quota di imprevedibilità connessa all'invenzione e alla sperimentazione libera (di sé) del gioco si univa a quella giusta quota di rischio e all'opportunità di conoscere e fare i conti con la possibilità di sentirsi frustrati ( attraverso cadute, piccole ferite, ...) prima che gratificati.
Un bastone riuscivamo a trasformarlo in bacchetta magica, in sega, in martello, in penna magica per scrivere nel fango; un pezzo di terra con una forma particolare decorata con qualche foglia e fiore diveniva una gustosa torta; ...

Oggigiorno il tempo moderno, i ritmi di vita, la fretta, la stimolazione della nostra società, vede modificati i presupposti fondamentali dell'esperienza di gioco: 
•  i bambini hanno poco tempo per giocare liberamente, nel senso più autentico;
•  i bambini non sono autonomi nella gestione dei tempi per il gioco libero che molto spesso sono tempi residuali;
•  gli spazi sono spesso già finalizzati e strutturati e il far giocare i bambini in “luoghi di vita” , come può essere un campo, oppure in un campo d'erba o nel bosco, non è funzionale ai bisogni dell'adulto;
•  il materiale è pensato e scelto dall'adulto e spesso presentato dallo stesso sul giusto utilizzo;

Non si può negare l'importanza formativa del gioco spontaneo, "libero" che lega gli aspetti simbolici, affettivi e la dimensione motoria con il senso di autoefficacia, con la capacità di sviluppare prudenza, di conoscere i limiti ed i confini del proprio corpo e dei propri gesti.

Ma già qui c'è un elemento di criticità, perché c'è chi vive il rischio come sfida, come elemento imprescindibile e necessario della propria vita, e c'è chi invece dal rischio fugge.

Autonomia. Un coltello non "fa paura" se l'adulto si fida del bambino
Oggi l'iperprotezione dei genitori allontana spesso il bambino dalla vita reale. Le relazioni si allontanano da l'esperienza vissuta e dall'autenticità legata alla spontaneità e alla condivisione della quotidianità e si basa su una sorta di prevenzione generalizzata al “rischio”. 

La tecnologia protegge dalla noia, le evitate opportunità di socializzazione proteggono dall'aumento di azioni della vita quotidiana. La delega ad altri che organizzano attività consente al genitore di non essere implicato. 


E' fondamentale invece ritornare a quella educazione al rischio "di una volta", in cui era importante sensibilizzare i bambini ai rischi e ai pericoli permettendo loro di sperimentarsi in sicurezza. E' necessario far affrontare il rischio in un modo “protetto” e non di evitarlo a tutti i costi, rispettando la particolarità e i tempi di ogni bambino, perché come noi adulti, anche i bambini possono essere più o meno propensi al rischio.

Più i sassi saranno "proibiti"  dall'adulto, più il bambino proverà ad assaggiarli.

Gli incidenti e le situazioni di pericolo che i bambini si trovano a dover gestire fin da piccoli non possono non essere ascoltate, ma dovrebbero far nascere riflessioni profonde, scambi e confronti sui contesti nei quali crescono i bambini, sulle relazioni in cui si muovono, sul significato da dare a concetti e a pratiche importanti come quelli del “aver cura”, del “prevenire”, ma anche del “rischio” come dispositivo pedagogico da gestire in positivo.


Proviamo a "guardare oltre" ...

Il più grande "pericolo" per il bambino è crescere con la paura dell'adulto e la non fiducia del suo sguardo.
La paura dell'adulto provoca una risonanza emotiva profonda nel bambino, che lo porta a spaventarsi e a non aver fiducia in sè e nelle sue abilità.

Educare al rischio è costruire uno sguardo di fiducia verso i bambini, anche se neonati, anche se piccoli. Verso le loro competenze e le loro abilità.






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