Dal pannolino alle mutandine: un percorso emotivamente complesso.

Oggigiorno, questo percorso così delicato e complesso, è volgarmente definito "spannolinamento". 

Ma questo termine nasconde in sè un significato ben preciso: è una parola che mette in evidenza subito la posizione attiva di chi svolge l'azione (lo spannolinare), ossia l'adulto, e a cui sussegue una posizione passiva di colui che è da spannolinare, ossia il bambino.

Il bambino, colui che dovrebbe essere invece l'assoluto protagonista di questo percorso.

Girando in rete spesso ci si trova di fronte ad articoli che parlano di addestramento al vasino, che consigliano alcune tattiche per togliere velocemente il pannolino, oppure indicano modelli e strategie operative per togliere il pannolino in alcuni giorni ... fermiamoci e riflettiamo un attimo.

Dentro di me Fuori di me, Collana ZeroTre, FrancoCosimoPanini

Il percorso da pannolino a mutandine non è ne un addestramento ne un apprendimento stimolo-risposta; non è un semplice insegnamento come spesso pensano gli adulti, 
ma si tratta di un percorso che comporta coordinazione, maturazione e giusto equilibrio funzionale fra meccanismi neurologici, motori (e fisici) ed emotivi.

La muscolatura dello sfintere, quella esterna che è volontaria, deve maturarsi in modo tale da potersi contrarre, chiudere ed aprire al momento giusto per lasciar andare. E' una maturazione neurologica, prima di tutto, che il piccolo deve raggiungere.

Il cervello, infatti, ha un grandissimo ruolo in questo complesso processo. Esso è l'unico responsabile nella decisione o meno di fare pipì, di lasciarla andare, e non lasciarla andare, di trattenere consapevolmente e di avvisare, ...
Il cervello umano, dalla nascita ai primi due anni di vita, non è ancora maturo a livello della corteccia; esso si sviluppa dall'interno verso l'esterno, dal basso verso l'alto. Nei primi di anni di vita, infatti, la parte del cervello del bambino sviluppato è la parte più pulsionale ed emotiva (sistema limbico); la corteccia è l'ultima a maturare. 


Ecco che, tutte le informazioni cerebrali che riguardano il controllo sfinterico e la loro esperienza di trattenere/rilasciare, deveno prima attraversare il sistema emotivo del bambino: e da quì la notevole importanza di centrarsi sul "come" il bambino vive questo momento di crescita (forzato e stimolato, incitato, addestrato, sgridato, premiato, paragonato, umiliato, dolore, angoscia di perdita). 
Tutte queste sensazioni ed emozioni saranno registrate nel sistema limbico, a partire dalla cura personale che il piccolo riceve fin da neonato ( ad esempio: la reazione che l'adulto ha nei confronti della popò del neonato, le parole che utilizza, come lo tocca e lo muove durante i cambi, la fretta o la lentezza della mano che lo cura, ...).

Posso guardare nel tuo pannolino?, Clavis Edizioni

Oltre, quindi a queste maturazioni sopra descritte, è necessario anche che il bambino voglia farlo.
La motivazione fondamentale di questa decisione cosciente è il desiderio del bambino di "essere e fare" come i grandi. 


Ma questo è possibile solo nel momento in cui il bambino VUOLE,
PUO' (potere legato alla maturazione neurologica e allo sviluppo emotivo, cognitivo e sociale), 
SA (ossia riesce a contrarre volontariamente la muscolatura adatta, in un momento ben preciso, con la giusta forza, nel tempo necessario per mantenere e prevenire la perdita di pipì e popò dal proprio corpo).


Allan Schore, neuropsicologo, afferma che fino a 18 mesi circa, il bambino non ha maturato le connessioni tra cervello, sistema nervoso autonomo e i muscoli dello sfintere, connessioni che gli permettono di prendere coscienza dei suoi stati e delle sue sensazioni corporali interne, e di controllare volontariamente l'evacuazione di feci e pipì.

Inoltre, come sostiene Myrtha Chokler, pedagogista, il bambino in tutto ciò deve avere anche la capacità di decidere che, nonostante sia occupato in un'altra attività - forse nel bel mezzo di un emozionante momento del suo gioco - può e deve rinunciare al piacere immediato, spostare il suo centro d'interesse e focalizzare l'attenzione su un altro processo, per organizzare così tutta la sequenza di azioni che gli permetteranno di arrivare senza problemi alla "destinazione" prevista: il bagno, in quel momento ben preciso. 
Questa sequenza di azioni non è possibile senza una forte padronanza del proprio corpo: ossia il bambino dovrà alzarsi, tendere e allentare alcune parti del proprio corpo in una dinamica equilibrata, senza però rilassare allo stesso tempo i muscoli di quella parte interna e nascosta del corpo che devono invece trattenere.

Attraverso tutte queste riflessioni, si evince il perchè all'inizio dell'articolo affermo che l'educazione dal pannolino alle mutandine in un bambino non è un addestramento, per non parlare di condizionamento, stimolazione, insegnamento (a volte con premi e punizioni).

Ploff, Editore L.C.E.

Fondamentale è, oltremodo, conoscere che non vi è un tempo uguale per tutti: è l'adulto o gli adulti di riferimento che devono cercare di osservare, ascoltare e comprendere il bambino, ACCOMPAGNANDOLO DELICATAMENTE ... bambino che manda dei segnali e delle comunicazioni ben precise.

Quali segnali e quali comunicazioni del bambino, quindi? 
(Segnali e comunicazioni che stanno ad indicare dei primi passi per avvicinarsi al vasino. Non sono segnali decisivi che stanno ad indicare l'essere pronto per togliere "bruscamente e definitivamente" il pannolino!Attenzione.)

  • Il bambino si riconosce come "IO";
  • Il bambino domina alcune coordinazioni motorie alternate e simmetriche come ad esempio salire le scale o gradini;
  • Il bambino è curioso di comprendere che cosa fanno i genitori in bagno: vuole osservare, riesce a riconoscere e nominare pipì e popò; chiede incuriosito;
  • Il bambino da solo abbassa i pantaloni, ha piacere nel togliersi il pannolino e a rivestirsi da solo;
  • Dopo alcune ore il pannolino del bambino risulta asciutto;
  • Il bambino mostra interesse a conoscere il vasino; ci sale vestito, lo guarda, lo osserva, lo tocca; inizia a salirci sopra quando è senza pannolino; ha piacere a salutare i suoi "prodotti corporei" nel water;
  • Inizia a dire pipì o popò dopo che l'ha appena fatta, poi inizia a nominarle mentre le sta facendo, per arrivare a nominarle prima che sente e avverte lo stimolo del suo corpo.

Consigli pratici da poter seguire per accompagnare in maniera serena il vostro bambino: 
  • Allestire lo spazio bagno in modo tale che favorisca pienamente l'autonomia e libertà del bambino, già dall'età di un anno;
  • Posizionare uno specchietto, un asciugamano e un sapone liquido a pressione nel bidet, in modo tale che quello diventa lo spazio cura per il bambino;
  • Acquistare una scaletta http://www.ikea.com/it/it/catalog/products/90241463/ da posizionare sotto il lavandino in modo tale che il bambino possa salire da solo - e non aiutato dall'adulto - quando è il momento di lavarsi il sederino 
  • Nel momento in cui il bambino ha iniziato a camminare e sta ben stabile in posizione eretta, è funzionale fare il cambio in piedi a terra (abbandonando il fasciatoio!);
  • Durante il cambio a terra, cercare di coinvolgere e far partecipare in maniera attiva il bambino nella sua svestizione ( tirarsi giù i pantaloni; slacciarsi il bodi; togliere le alette del pannolino; buttare il pannolino nel bidone; scegliere un nuovo pannolino da indossare; tirarsi sù i pantaloni) e vestizione;
  • Verso i 18/20 mesi si può posizionare nel bagno il vasino. Il vasino deve essere posizionato in un angolo sempre fisso dove il bambino può osservarlo prima e raggiungerlo autonomamente dopo. Un vasino semplice; un vasino che non è un gioco che deve attrarre ed intrattenere;
  • Verso i 32-36 mesi, o comunque quando il bambino si sente sicuro nel salire sul water e lasciar andare le sue parti lì, si può proporre al bambino di togliere il vasino e insieme acquistare un semplice riduttore ed una scaletta http://www.ikea.com/it/it/catalog/products/90241463/  per raggiungerlo da solo;
  • Quando il bambino consapevolmente fa pipì e cacca nel vasino o water, salutare insieme questi beni preziosi. Sono parti di sè che il bambino ha deciso di donare e lasciar andare, senza la paura di "disperdersi emotivamente" e di sentirsi lo stesso amato;
  • Permetter al bambino, nel momento in cui pipì e cacca escono, di svuotare il vasino nel water e tirare giù da sè l'acqua, salutando!
  • La pipì o la popò accogliamola non con disprezzo e "schifo", non con festeggiamenti e "battito di mani" ma semplicemente con un ringraziamento in toni delicati e calmi per la condivisione che ha voluto fare con voi mamme o papà.
  • Fin da piccolissimi non utilizzare il termine "cacca" per indicare tutto ciò che i bambini trovano a terra e non possono mettere in bocca. Ogni oggetto ha il suo nome, e la parola cacca è una parola molto preziosa da utilizzare in questi termini, dispregiativi;
  • Durante i momenti di cura personale e di cambio, i gesti delle vostre mani devono sempre essere delicati, non frettolosi, devono essere rispettosi del bambino. Anche la voce deve essere bassa, delicata, quasi sussurata, una voce che anticipa qualsiasi gesto che l'adulto farà al bambino (anticipa così le azioni e le sequenze d'azione, rassicurando e coinvolgendo il bambino come persona pensante).

I bambini posseggono grandi capacità e grandi competenze.

DIAMO LORO FIDUCIA E 
CONSIDERIAMOLI COME PERSONE CON UNA MENTE ED UN CUORE.

Impariamo la loro lentezza e il piacere della delicatezza.
Immagine salvata da una ricerca Google.



Commenti

  1. c'è anche chi sostiene che si possa fare a meno dei pannolini dall'inizio (in fondo non si nasce con addosso il pannolino, che in fondo non è che una bella comodità per i grandi)... il controllo sfinterico lo abbiamo dalla nascita (e spesso si atrofizza proprio a causa dei pannolini "superassorbenti" e "sempre asciutti"), non dipende dallo sviluppo e dalla maturità neuromuscolare (non si impara a fare cacca e pipì, così come non si impara a ciucciare il seno:lo si fa dalla nascita, semplicemente) altrimenti fare la cacca e la pipì non dovrebbe comportare alcuno sforzo... e neanche l'acquisizione del linguaggio verbale c'entra molto(infatti osservando il bambino, si può prevedere quando deve eliminare): sarebbe come dire che un bambino non sarà in grado di camminare finché non avrà imparato ad allacciarsi le scarpe ... in Africa, Asia e Sud America, dove non si usano i pannolini, lo sanno bene...non è fantascienza: è igiene naturale infantile

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    1. Grazie Loredana per aver offerto un spunto di riflessione alternativo.

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  2. Ciao Lucia,contraccambio il tuo passaggio al mio blog e mi unisco a questo interessantissimo tuo spazio educativo,grazie e a presto! :-)
    Giorgia/Mammaeco

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    1. Grazie Giorgia!! Spero che possa trovare degli spunti interessanti di riflessione da condividere nella relazione con la tua piccola.
      A presto.
      Un abbraccio

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  3. Interessante la riflessione di loredana, ma si scontra con un esigenza fondamentale (almeno al giorno d'oggi) che è la necessaria praticità: chi può permettersi di tenere un neonato senza pannolino? anche nella migliore delle ipotesi, una mamma che non lavora e costantemente presente, con aiuti e supporti...la vedrei davvero complicata. invece dopo i 2 anni si riesce ad interagire meglio col bambino ed assecondare i suoi tempi.la mia piccola ha giusto 28 mesi, e quello che serve è tanta pazienza ma soprattutto tanta attenzione.

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    1. Ciao Elena, personalmente credo che ciascuna mamma e ciascun papà debba anzitutto cercare di conciliare due diverse esigenze: da una parte trovare un proprio pensiero educativo attraverso una apertura alla conoscenza dei diversi stili educativi; dall'altra equilibrare la "teoria" con i ritmi, il tempo, lo spazio e le persone che circondano la famiglia.
      In generale, credo che la base di qualsiasi teoria o pensiero o stile sia comunque il rispetto del bambino, del suo sviluppo, dei suoi tempi, dei suoi spazi, delle sue autonomie.

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  4. Mi sono lasciata convincere dalla teoria che a due anni un bambino e' pronto per questo passaggio...mi sono lasciata convincere e dalla scorsa estate l'obiettivo non è ancora stato raggiunto. Viviamo in un limbo dove a volte va bene ma tante altre va male. Non è pronto io lo so, lo vedo ma oramai tornare indietro non ha senso, e per questo lascio decidere a lui, come si sente più a suo agio, faccio. Sto sbagliando vero?

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    1. Volevo anzitutto rasserenarti sul fatto dell'errore. Non credo che ci sia qualcuno che abbia il diritto di dire ad un'altra persona "Hai sbagliato"; credo nel corso della propria vita e in tal caso nell'educazione dei figli si fanno delle scelte, scelte guidate dal proprio istinto, dalle persone che hai attorno, dall'approccio pedagogico che ti affascina di più e soprattutto da quello che la famiglia pensi sia il bene del proprio bimbo.
      Certamente dopo così tanto tempo, come dici tu, tornare indietro non serve, ci vuole tanta comprensione e pazienza nell'accettare e nel rispettare il tempo del tuo bimbo. Credo che rispettare le sue scelte e i suoi bisogni in questa situazione sia positivo ... se tu capirai lui e la sua protesta lui capirà la tua scelta.
      Ti posso consigliare, come strumento di supporto, la lettura di qualche libro per l'infanzia, consigliato dalla bibliografia Nati per Leggere sul tema in questione. Puoi andare a sbirciare nel sito dell'associazione.
      Ti ringrazio per le occasioni di confronto che offri.
      A presto.

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  5. Nonostante non abbia figli, mi fai appassionare a quello che scrivi!
    E' molto interessante!
    Complimenti!

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    1. Ti ringrazio infinitamente per ciò che hai scritto! Mi fa piacere che solo attraverso delle parole possa trasmettere la passione con la quale faccio il mio lavoro.
      Grazie!!
      A presto

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  6. "Allan Schore, neuropsicologo, afferma che fino a 18 mesi circa, il bambino non ha maturato le connessioni tra cervello, sistema nervoso autonomo e i muscoli dello sfintere, connessioni che gli permettono di prendere coscienza dei suoi stati e delle sue sensazioni corporali interne, e di controllare volontariamente l'evacuazione di feci e pipì."
    Potrebbe gentilmente citare la fonte esatta, lo studio di riferimento o il testo da cui ha estrapolato questa importante affermazione?
    Ho informazioni molto differenti a riguardo e desidererei approfondire.
    La ringrazio anticipatamente per la disponibilità. Buona giornata

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    1. Salve, certo.
      Posso dirle che questa informazione non l'ho letta in particolare su di un testo specifico ma mi è stata offerta in occasione di una formazione professionale a cui ho partecipato con formatori sull'approccio Emmi Pikler. Questo pensiero era appunto stato condiviso in tale sede. Posso dirle che la maggior parte della bibliografia di questo neuropsicologo è in lingua inglese ed il testo sulla primissima infanzia che consiglio è: Affect Regulation and the Origin of the Self: The Neurobiology of Emotional Development (Inglese), di Allan N. Schore , 1999. Non affronta nello specifico questo argomento ma affronta la riflessione sulla regolazione emotiva del e nel neonato e sul ricco apporto dello sviluppo emotivo nella costruzione del sè del piccolo.

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    2. Grazie per la sua risposta.
      Conosco il lavoro di A. N. Schore attraverso il testo "La regolazione degli affetti e la riparazione del sé" dello stesso autore e tradotto in italiano (2008), in cui non ho memoria di aver riscontrato un pensiero affine a quanto riportato, ma può benissimo essere che io mi sbagli, e questa potrebbe anche essere l'occasione per me di approfondire di nuovo.
      Se per caso fortuito avesse invece l'occasione di risalire in modo preciso alla fonte di tale affermazione, tramite i suoi formatori, e contestualizzarla anche, gliene sarei davvero grato. Intanto la ringrazio di nuovo per la disponibilità.
      Buonasera

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