E' possibile aiutare e favorire il LINGUAGGIO del bambino?

Mammalingua,  Bruno Tognolini e Pia Valentinis, Editore IL Castoro
Tante famiglie si chiedono spesso come poter aiutare il proprio bambino o i propri bambini nell'accompagnare funzionalmente lo sviluppo linguistico.

All'incirca verso i cinque-otto mesi il bambino non solo utilizza sillabe formate da consonante e vocale (la la la, ba ba ba, ... /lallazione), ma giornalmente prova e riprova nella produzione di questi suoni. Le ripete in sequenza.
Nei mesi successivi il bambino scoprirà e proverà nuovi suoni e nuove sonorità. Esplora i suoni del linguaggio, avendo fin da neonato, osservato l'adulto nei movimenti del viso, della bocca , del tono di voce, nell'espressività dei volti adulti.

All'incirca verso i dodici mesi il bambino matura quelle capacità che gli permettono di comprendere il linguaggio. Se, ad esempio, si invita il bambino a prendere un gioco, questo mostrerà di conoscere l'oggetto richiesto, sia andando verso e prendendolo, sia rifiutandolo. Nel suo linguaggio iniziano a comparire vocalizzi e le prime parole, pochissime comprensibili; inizia a collegare i nomi alle giuste persone. Può iniziare ad indicare gli oggetti e a compiere gesti; utilizzerà la sua mimica del volto e dello sguardo per accompagnare le sue comunicazioni.

Le prime parole del bambino vengono accolte con grande tenerezza ed emozione da ogni famiglia. Quando il piccolo inizia a produrre le prime parole sembra che entri in un nuovo percorso di crescita, forse più funzionale per l'adulto poichè esso pensa sia semplificata la relazione.



Come è possibile aiutare e accompagnare il bambino nel suo naturale percorso di sviluppo del linguaggio?
  • Il linguaggio verbale è sempre preceduto dal linguaggio del corpo, motorio. Il bambino piccolo, all'inizio del suo percorso di crescita, prima si centra sullo sviluppo motorio autonomo (gattona, a sei-12 mesi, poi da solo si alza in piedi e cammina, dai 10/12 mesi in avanti), poi si concentra sullo sviluppo linguistico (parlare), tra i 18-24 mesi. Ricordiamoci che il linguaggio non verbale è la base del linguaggio verbale.  

Sviluppo motorio Autonomo. Sperimentare le salite e le discese. Sperimentare gli equilibri ed il proprio corpo, senza paura dell'adulto.
  • Lasciamo che il bambino si muova e sperimenti il suo corpo da solo, senza accompagnarlo con le paure e le ansie dell'adulto?; Può arrampicarsi da solo e scendere da solo? Può salire e scendere su di una scala o scalini o pedane?; Comunichiamo col bambino sempre guardandolo negli occhi e abbassandoci alla sua altezza? Quando dobbiamo comunicare " a distanza" col bambino ci avviciniamo a lui prima col corpo e poi utilizziamo la voce o arriviamo a distanza solo attraverso la voce?;
  • Esistenza di una base sicura e di un adulto “sufficientemente buono”. Per poter apprendere il linguaggio il neonato ha bisogno di avere vicino un adulto 'sufficientemente buono', come afferma D.W.Winnicott, pediatra e psicoanalista, ossia un adulto amorevole e paziente, un adulto che anticipa con toni di voce delicati tutte le azioni che compierà sul bambino, soprattutto nelle cure personali, un adulto che coinvolgerà attivamente il neonato anche attraverso la comunicazione con sguardi e tocchi delicati, lasciando sempre un tempo d'attesa alle risposte del bambino (per ulteriori approfondimenti consiglio la lettura di questi altri articoli del blog: La relazione con i bambini ; Autonomia e Falsa Autonomia ; Le riflessioni della pediatra Emmi Pikler. Educazione Attiva. ). Quando inizia la lallazione, all'incirca dai cinque - sette mesi, il piccolissimo incomincia a dar forma ad una parte del suo cervello, quella adibita allo sviluppo del linguaggio. Come già accennato sopra, il bambino impara il linguaggio attraverso l’imitazione dell’adulto di riferimento. Le prime parole dei bambini sono spesso sostantivi, come ad esempio mamma, papà, ... . Successivamente, il bambino aggiungerà degli aggettivi: pappa-buona, mamma-bella, .... 
  • Evitare un linguaggio semplificato, fatto di suoni onomatopeici, il cosiddetto "bambinese". E' fondamentale utilizzare sempre, fin da neonati, un linguaggio reale, veritiero. Un linguaggio che abbia frasi brevi e semplici. Un linguaggio che spesso mette parole agli stati d'animo del bambino e alle emozioni che prova in determinate situazioni."Mi dispiace, so che sei arrabbiato ora. Sono quì"; "Capisco, sei triste in questo momento. Può accadere di sentirsi così"; "Sei emozionato, vero? Lo capisco. Può succedere".
  • Ogni cosa ha il suo nome. Gli oggetti vanno sempre identificati con il loro nome reale. Ad esempio, è a dir poco disfunzionale nominare tutto ciò che il piccolo prende in mano ( e che vorrebbe assaggiare con la bocca) con il termine "cacca". "E' un pezzo di carta sporca. Non puoi metterla in bocca". Il bambino, da 0 a 6 anni,apprende ed impara dall'esempio dell'adulto e degli adulti che si prendono cura di lui; apprendono per imitazione, per osservazione e per ascolto attento. 
  • L'utilizzo delle filastrocche e della lettura ad alta voce … Il linguaggio del bambino deve essere nutrito anche con le filastrocche ( ad esempio filastrocche prese dai testi di letteratura per l'infanzia Mamme in Sol, o "Dieci dita alle mani dieci dita ai piedi" o "Rime per le mani") e la lettura di albi illustrati consigliati per la fascia di età( Nati per Leggere) . Albi illustrati che arricchiscono in modo funzionale il vocabolario del bambino.Tantissimi studi, inoltre, confermano la funzionalità della sonorità della voce della mamma fin già dalla gravidanza. 
Mamme in Sol, Collana ZeroTre, FrancoCosimoPanini Editore
  • Smartphone, tablet e tv, sì o no? Oggi, il bimbo vive, spesso, in mezzo a computer, tablet, smartphone: mezzi tecnologici, come quelli touchscreen, facili da usare anche per lui. Attenzione: i bambini al di sotto dei 3 anni non dovrebbero passare del tempo davanti a queste tecnologie,anche pochi minuti, poichè queste strumentazioni non offrono il rispecchiamento verbale ed espressivo, negando al bambino la possibilità di osservare, di apprendere e di imitare l'articolazione della bocca dell'adulto nel linguaggio e nella creazione delle parole. Ed è questo un passaggio fondamentale per un funzionale sviluppo del linguaggio. Poi, successivamente, dai 3 ai 6 anni dovrebbero passare poco tempo con questi nuovi strumenti (circa 30 minuti al giorno totali) e il tutto dovrebbe essere sempre accompagnato dalla presenza dell'adulto e della sua mediazione linguistica, dal suo mettere parole a ciò che sta accadendo (spesso i bambini vivono in modo reale e contingente gli stati d'animo dei personaggi dei cartoni come reali e non comprendono la "finzione", creando degli stati di tensione "irrisolta" se accanto non ha un adulto che osserva il corpo ed il viso del bambino e mette parole a ciò che sta vedendo).
  • È più che funzionale l'esercizio della motricità fine , poiché è dimostrato quanto esso influisca positivamente sullo sviluppo linguistico. Quindi, un consiglio in tale direzione è quello di coinvolgere fin da piccolo il bambino in attività motorie complesse: lavare piatti, lavare verdure, aiutare a caricare lavastoviglie, aiutare a stendere panni, pulire superfici con straccetti e spugne, provare a "far da solo" sia a tavola sia nello svestirsi e vestirsi, imparare a tagliare sia con forbici ma anche con coltelli, abbottonarsi il cappotto, allacciarsi le scarpe. È sorprendente vedere come molto spesso i bimbi vengano sostituiti dai genitori in questi piccoli compiti, e come, invece, possano imparare velocemente a svolgerli in autonomia, con benefici anche nel linguaggio.
  • L'eccessiva fretta "nel far diventare grandi", le troppe stimolazioni a livello di lingue, l'insegnamento delle lingue, non fanno bene al linguaggio. Il linguaggio non può e non deve essere pensato come uno strumento usa e getta, come un apprendimento mnemonico. Al contrario, la "lingua madre" è uno strumento del pensiero, di relazione e di comunicazione e ha bisogno di un tempo lento per diventare consistente, per rafforzarsi, per crescere e acquisire profondità e spessore. 
  • Ogni bambino ha i suoi tempi. Non bisogna dimenticare la lezione dello psicologo J.Piaget, il quale afferma che le fasi dell'apprendimento si susseguono in modo regolare ma hanno una durata che varia in base ad ogni bambino e al contesto in cui vive. E, in ogni caso, il piccolo deve essere pronto e maturo per sviluppare determinate capacità. Non tutti i bimbi, per esempio, imparano a camminare a 12 mesi, c’è chi comincia prima e chi dopo e questo vale anche per le prime parole. Il genitore, spesso, ha un ritmo di vita molto intenso e cerca di trasferirlo sul bambino,  chiedendo anche a lui di seguire ritmi che non sono i suoi. L'approccio ideale è seguire le tappe evolutive del bimbo, DARSI TEMPO; conoscere quali progressi appartengono a ogni fascia d'età, e poi, in base al bimbo 'reale' che si ha davanti, adeguarsi. Non crearsi un "bambino ideale". L'accelerazione rischia di creare frammentarietà, confusione, generando insicurezza e tensioni.
  • Certamente le basi della comunicazione vengono poste nella prima infanzia. A sette giorni di vita un neonato riesce già a distinguere la voce della madre da un'altra voce femminile. A due settimane saprà distinguere la voce del padre da un'altra voce maschile. A sei settimane, il bambino dimostrerà comportamenti prevedibili con ognuna di queste due persone importanti. Attraverso il suo comportamento mostrerà di riconoscerli. Lentamente i genitori si sintonizzeranno con i ritmi, le inflessioni e il comportamento motorio del bambino, come pure, con l'alternanza attenzione-disattenzione. Durante questo processo, gli adulti consolidano i suoi tentativi di parlare, di comunicare, offrendo d'altra parte esempio nell'importante apprendimento dei turni della comunicazione. 

  • Come afferma il pediatra Berry Brazelton, i problemi di linguaggio saranno difficilmente evidenziabili fino a quando il bambino non avrà raggiunto il terzo anno di età. Ma esistono comunque degli indizi in presenza dei quali  è consigliabile un controllo tempestivo: 1- Assenza di linguaggio comprensibile a due anni di età; 2- pronuncia dai toni troppo elevati o nasali; 3- sguardo poco espressivo quando il  bambino prova a parlare; 4- assenza di successione e alternanza della comunicazione; 5- evidente eccessivo impegno o non attenzione del bambino quando gli si rivolge la parola o gli si indirizza lo sguardo; 6- ripetizione continua di quanto detto da un adulto, senza variazioni o combinazioni da parte del bambino (logicamente non ci si deve allarmare solo per la presenza di un indizio ma devono essere presenti alcuni indizi concomitanti).


Comunicazione adulto-bambino. Fonte foto:web.

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